Jack Frost
In una mia traduzione il ruolo del villain è interpretato da Jack Frost, descritto come un uomo di una certa età atticciato e burbero, pronto a congelare chiunque lo contraddica. Presentato talvolta anche nelle sembianze di un folletto lazzarone, Jack Frost non è che una variante dell'Old Man Winter, la personificazione dell’inverno tradizionalmente raffigurato come un vecchio che ammanta di neve il paesaggio soffiandoci sopra. Jack Frost viene menzionato per la prima volta in Round about our Coal-Fire or Christmas Entertainments (1734), dove si accenna alla sua abitudine di acchiappare la gente per il naso gelandolo. Si è molto speculato sulle origini del nome, da alcuni addirittura fatto risalire a miti norreni, in realtà, non è che un modo semplice di personificare il freddo: frost è il gelo o la brina, Jack un nome comune inglese che compare in molte altre espressioni: Jack ‘o Lantern, Union Jack, Jack-of-all-trades, nonché nella celebre “All work and no play makes Jack a dull boy”, che Jack (!) Nicholson scriveva ossessivamente in Shining.
Le personificazioni dell’inverno vantano una lunga e antichissima tradizione che va dalla greca χειμών, divinità rappresentata con abiti pesanti, grandi ali e una coppa di vino in mano, alla celtica Cailleach Bheurra, che gela il terreno con il suo bastone e quando lava il suo mantello nell’oceano fa scendere la neve, alla scandinava Skaði, abile sciatrice, e a molti altri personaggi di culture diverse.
Anche se non è una vera e propria personificazione dell’inverno, un personaggio associato al gelo che mi è sempre piaciuto è la Morra (in svedese Mårran, in filandese Mörkö), una creatura del fantastico mondo dei Moomin creato dalla scrittrice Tove Jansson. Simile nell’aspetto a una sorta di grossa talpa, con due occhioni dallo sguardo fisso e i denti stretti in una smorfia, la Morra scivola sul terreno lasciandosi dietro una scia di neve e gelo. È una figura minacciosa, ma anche un po’ malinconica, perché, pur essendo attratta dalla gente e dal calore, non riesce mai ad avvicinarsi a essi a causa del suo potere di congelare tutto. In questo spezzone di video (inizia a 16:21) potete vedere com’è fatta. E se avete bambini in famiglia o siete giovani di cuore, qui c’è la serie animata dei Moomin in italiano.
Treni postali
Nel 1927, in tempo per il Natale, a Londra fu inaugurata una ferrovia speciale: si chiamava Mail Rail (“la ferrovia della posta”) e si snodava per 10,5 km sotto terra, tra i centri di smistamento postale di Paddington e Whitechapel. Serviva per agevolare la gestione della posta e nel suo periodo di massima attività trasportava ben 4 milioni di lettere e pacchi al giorno, con una frequenza di un treno ogni cinque minuti. Fu la prima ferrovia elettrica al mondo senza conducente e operò per 76 anni, fino alla sua chiusura nel 2003. Aveva otto stazioni, la più grande delle quali era Mount Pleasance. Durante la Prima Guerra Mondiale, i suoi tunnel furono usati come deposito per proteggere le opere d’arte della National Portrait Gallery e della Tate Gallery. In seguito, ospitarono perfino grandi feste natalizie per i bambini dell’orfanotrofio: la stazione di Mount Pleasant veniva addobbata come la casa di Babbo Natale e i regali arrivavano sul trenino.


Una ferrovia postale sotterranea, che però usava una sorta di capsule pneumatiche su ruote, era già stata attiva a Londra tra il 1863 e il 1874, gestita dalla London Pneumatic Despatch Company. Entrambe le ferrovie furono chiuse a causa dei costi di esercizio più elevati rispetto al trasporto tradizionale su strada, anche se, a ben vedere, la loro prosecuzione forse avrebbe giovato all’ambiente. La Mail Rail è stata recentemente tirata fuori dal dimenticatoio e, se vi trovate a passare per Londra, potete visitare il nuovo museo postale e fare un giro sul trenino sotterraneo tornato in attività a scopo turistico.
Tavole imbandite
Non c’è Natale senza profumo di manicaretti. Non posso garantirvi un’esperienza immersiva, ma avrei piacere di invitarvi a un pranzo d’alta classe. Tirate fuori l’abito di gala dalla naftalina e preparatevi a sedervi a una tavola candida di lino e scintillante di posate d’argento, calici di Boemia e porcellane di Limoges. Oggi si festeggia il Natale nell’imponente Great State Dining Room della Casa Bianca, alla presenza del presidente Benjamin Harrison e della First Lady Caroline Lavinia Scott insieme a un centinaio di illustri ospiti. La persona più importante, però, è un signore di mezza età dall’aria distinta e dai baffi impomatati che sorveglia discretamente da dietro le quinte il regolare susseguirsi di prelibate vivande. Si chiama Hugo Ziemann ed è il maggiordomo della Casa Bianca, responsabile dell’accoglienza degli ospiti e del buon andamento della dimora presidenziale. Ziemann in precedenza è stato al servizio del principe Louis-Napoléon di Francia e sa il fatto suo. Ecco il ricco menu da lui predisposto per il giorno di Natale, dalla prima colazione alla cena.
Questo menu, insieme a un elenco di ricette per tutte le stagioni, consigli di economia domestica, regole di etichetta e rimedi casalinghi per i più svariati malanni, sarà pubblicato da Ziemann, con l’assistenza della signora Fanny Lemira Gillette, nel 1887. Del tesoretto di informazioni contenute nel libro vi parlerò un’altra volta, per ora sappiate che, se il banchetto natalizio dovesse restarvi sullo stomaco, il consiglio di Ziemann per curare l’indigestione è mangiare del sale con qualche noce. (Disclaimer, se mai ce ne fosse bisogno: non è un consiglio medico.)
The Christmas Song
Concludo questo numero natalizio con una canzone a me cara, The Christmas Song, nell’interpretazione di Nat King Cole. Fu scritta nel 1945, durante un’estate torrida, da Robert Wells e Mel Tormé. Nel disperato tentativo di distogliere la mente dal caldo soffocante, Wells aveva buttato giù su un bloc-notes alcuni appunti che evocavano scene invernali: “Chestnuts roasting”, “Jack Frost nipping”, “Yuletide carols”, “Folks dressed up like Eskimos”. Ispirato da quelle immagini, Tormé scrisse di getto la musica e parte del testo della canzone, portata poi al successo da Nat King Cole.
Momento gossip: Diventato un cantante affermato, nell’estate del 1948, Cole comprò una casa ad Hancock Park, un quartiere di Los Angeles abitato esclusivamente da bianchi. Poco dopo, si ritrovò una croce in fiamme sul prato davanti casa e l’associazione dei residenti locali lo informò che non volevano vedere “indesiderabili” nel quartiere. “Neanch’io” fu la pronta risposta di Cole. “E se dovessi notare l’arrivo di qualche indesiderabile, sarò il primo a lamentarmi”.
“Although it’s been said many times many ways,
Merry Christmas to you”
Se desiderate mettere sotto l’albero o nella calza della Befana un libro, date un’occhiata alle mie pubblicazioni.
Buone feste e arrivederci nel nuovo anno con il prossimo numero di Scampoli!